giovedì 12 maggio 2016

Pesticidi nelle acque, ecco i dati relativi al Sannio

Il Sannio e i pesticidi nelle acque
È uscito, nei giorni scorsi, il Rapporto nazionale pesticidi nelle acque relativo agli anni 2013/14, elaborato dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). 

La seconda parte del rapporto riguarda le regioni. Per la Campania i dati si riferiscono al 2013 e sono purtroppo parziali, riguardano solo la contaminazione delle acque superficiali (fiumi, laghi e torrenti) e non quella delle falde acquifere


Nella maggior parte dei casi analizzati i livelli di contaminazione rientrano nei limiti di legge, e sono segnati con il pallino blu, mentre il pallino rosso (sopra i limiti) non risulta nei punti monitorati.

Secondo i dati trasmessi dall’Arpac (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente Campania) all’Ispra, nel Sannio le acque superficiali che presentano livelli di contaminazioni da pesticidi entro i limiti, si trovano nel fiume Isclero in località Ponte via Starza, nel territorio di Limatola.

Mentre a Benevento livelli di contaminazione, sempre nei limiti, sono stati trovati nel fiume Sabato a ridosso del Ponte Leproso, e nel torrente Serretelle in località Ponte Corvo.

Anche ad Apice in un caso il pallino è di colore blu. Qui sono stati riscontrati, livelli minimi d’inquinamento da pesticidi nel fiume Ufita, presso la stazione della cittadina sannita. 

Nel rapporto sono state monitorare anche le acque del Fortore, ma in questo caso il pallino attribuito è di colore grigio, vale a dire “non quantificabile”. Cosa significa? A spiegarlo è lo stesso Ispra: “Un risultato è non quantificabile quando non ci sono misure analitiche superiori al limite di quantificazione (LQ). Come già sottolineato Il grigio può indicare l’assenza di residui pesticidi nelle acque, ma può anche (e accade in larghe aree del paese) dipendere dal fatto che gli LQ (limite di quantificazione) sono inadeguati e il numero delle sostanze indagate è ridotto e non rappresentativo degli usi sul territorio”.


Dunque, un dossier che va preso con le molle, poiché – come si legge nello stesso rapporto – “è necessario precisare ancora che il livello di contaminazione può essere solo riferito ai singoli punti di monitoraggio e che, sulla base delle informazioni disponibili, non si può derivare una classificazione di qualità per i corpi idrici”.

In tutta la regione, infatti, i punti di monitoraggio sono stati appena 76. E le indagini hanno riguardato 354 campioni con una frequenza media annua minore di cinque, e pertanto “non adeguata a descrivere le possibili variazioni stagionali e a intercettare i picchi di contaminazione”.

Anche il numero di sostanze cercate (58) è inferiore alla media, e, come segnalato per altre regioni, non “comprende sostanze rilevanti dal punto di vista della pericolosità e delle quantità utilizzate, specialmente quelle immesse sul mercato negli ultimi anni”, cioè le acque minerali. 

Ma in quella che una volta era la Campania felix sono stati trovati residui nel 23,7% dei punti e nel 9,9% dei campioni investigati, e ritrovate 9 sostanze: le più frequenti sono clorpirifos, dimetoato, metalaxil, e procimidone.

Tuttavia bisogna precisare che – come spiega a ilfattoquotidiano.it Augusto De Sanctis, attivista del Forum Italiano dei movimenti per le acque – “le sostanze cercate non sono le stesse in tutte le Regioni. Il glifosato, tra gli erbicidi più diffusi, come ricorda Ispra è escluso dagli obblighi di monitoraggio. Chi lo ha cercato, come le Arpa virtuose di Toscana e Lombardia, ha scoperto che il suo derivato, l’acido aminometilfosforico, contamina fino al 70% delle acque superficiali. Dove non è stato rinvenuto è perché non è stato cercato”. 

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