mercoledì 10 settembre 2014

Obiettivo 3%: assalto alle casse del Sud

di Andrea Del Monaco*

«Noi i soldi sappiamo dove metterli: nell'edilizia scolastica, nella banda larga e nelle opere contro il dissesto idrogeologico. Noi sappiamo dove metterli ma devono essere investimenti slegati dalla cultura del rigore del patto di stabilità. La salvezza è nelle nostre mani, non in quelle europee, iniziamo a spendere bene i fondi europei», ha affermato il Presidente Renzi chiudendo la festa dell'Unità a Bologna. Purtroppo ciò è inesatto per due ragioni: secondo la Commissione Europea l'Italia non ha un progetto chiaro di sviluppo; nell'intervista al Sole 24 Ore del 28 agosto il Sottosegretario Delrio ha confermato il taglio del cofinanziamento nazionale ai programmi cofinanziati dai fondi UE per Calabria, Campania e Sicilia: probabilmente il Governo fa cassa per poter tagliare 20 miliardi.

Eppure il presidente Renzi ha appena dichiarato che gli investimenti devono essere slegati dal Patto di Stabilità. Qual è la versione ufficiale del Governo? Quella di Delrio o di Renzi? Se, come dice Renzi, gli investimenti non devono essere conteggiati nel Patto di Stabilità, perchè si taglia il cofinanziamento italiano ai programmi UE per il Sud? Solo per rispettare il tetto del 3% nel rapporto Deficit/PIL.

Ex Obiettivo Uno - Le Regioni, ora rinominate Meno Sviluppate, sono cinque: Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia. Malgrado Puglia e Basilicata siano più efficaci delle altre nello spendere i fondi Ue è improbabile una riduzione del cofinanziamento nazionale solo per tre delle cinque Regioni. O si riduce il cofinanziamento nazionale per tutte le cinque regioni o non si riduce per nessuna. Vedremo se il taglio sarà esteso anche a Puglia e Basilicata. 10,6 miliardi in sette anni; 10,6 miliardi in meno al Sud: tanto vale la riduzione del cofinanziamento ai programmi dei fondi strutturali dal 50 al 26% per le cinque Regioni. Il Presidente Renzi non ne ha parlato il 14 agosto quando è andato a Napoli, Reggio Calabria, Gela e Termini Imerese: qui Renzi ha detto «...Smettete di pensare che vi sia qualcuno che venga dall'alto e vi risolva i problemi. Questa cultura della rassegnazione e della delega al demiurgo che talvolta il Mezzogiorno ha avuto deve finire, il Mezzogiorno deve camminare sulle proprie gambe». Traduzione per i meridionali: avrete 10 miliardi in meno per uscire dalla crisi. Nelle stesse ore il 14 agosto ho partecipato ad un dibattito a Sky Economia: lì il Sottosegretario Baretta con onestà intellettuale ha confermato che la proposta di taglio è stata verbalizzata dal Governo alle Regioni ma non redatta in forma scritta. Il Governo ha formulato l'ipotesi di taglio del cofinanziamento solo in via orale in Conferenza Stato-Regioni a luglio. Poichè il Meridione ha già tanti disoccupati, poichè il Governo vuole far ripartire il Sud, poichè l'Italia non riparte senza il Sud, il Governo non può contraddirsi e tagliare risorse. Mentre il PIL crolla e i disoccupati aumentano, un programma di investimenti che crei lavoro vero sarebbe l'unica soluzione alla crisi.

L’ammissione - A luglio il Premier ha per la prima volta ammesso che la ripresa non c'è. Il 14 agosto nel tour meridionale avrebbe dovuto annunciare un piano per il lavoro con i fondi europei: l'unico modo per offrire una speranza a disoccupati e cassintegrati meridionali: tale speranza diventerà realtà solo se il Governo spenderà bene quelle risorse e se non taglierà il cofinanziamento italiano ai programmi UE per fare cassa. Entriamo nel merito. Per il ciclo 2014-2020 l'Italia avrà dall'Unione Europea 42,1 miliardi di euro: 31,7 miliardi dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e dal FSE (Fondo Sociale Europeo); 10,4 dal FEASR (Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale).

Il «bottino» - In Puglia, Sicilia, Calabria, Campania e Basilicata è concentrata la maggior parte di quei 42 miliardi: 22,2 miliardi di FESR e FSE; 4,519 miliardi di FEASR. Questi fondi europei dovrebbero cofinanziare i programmi operativi regionali (POR) e nazionali (PON). L'Italia, come tutti gli Stati Membri della UE, dovrebbe cofinanziare al 50% i suoi programmi (il 35% dovrebbe venire dal Governo, il 15% dalle Regioni). Questo cofinanziamento al 50% dovrebbe essere garantito soprattutto per le cinque Regioni Meno Sviluppate. Vediamo la dotazione FSE-FESR per le singole Regioni (somma dei POR e della quota regionale all'interno dei PON) e gli ipotetici tagli al cofinanziamento: 1) la Basilicata avrà 863,3 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 448,9 milioni perdendo così 414,4 milioni; 2) la Calabria avrà 3031 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 1576,1 milioni subendo un taglio di 1454,9 milioni; 3) la Campania avrà 6325 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 3289 milioni perdendo così 3036 milioni; 4) la Puglia avrà 5120,2 milioni di euro: il suo cofinanziamento al ridotto 26% varrebbe 2662,5 milioni subendo un taglio di 2457,7 milioni; 5) la Sicilia avrà 6860,9 milioni di euro: il suo cofinanziamento ridotto al 26% varrebbe 3567,7 milioni, perdendo così 3293,2 milioni.Qualora il taglio del cofinanziamento si limitasse a Campania, Calabria e Sicilia varrebbe 7,784 miliardi di euro; se fosse esteso a tutte le cinque Regioni il taglio varrebbe 10,656 miliardi.

Il dramma - L'alluvione nel Gargano può essere l'ennesima motivazione per opporsi ai tagli prospettati dal Governo. Quei 10 miliardi potrebbero invece pagare un piano per il riassetto idrogeologico nelle cinque Regioni. Per realizzare tale piano il professor Aldo Loris Rossi, Ordinario di Progettazione Architettonica e Ambientale all'Università Federico II di Napoli, a Radio Radicale il 7 settembre, ha sollecitato l'istituzione di un'autorità simile alla Tennessee Valley Authority: questa è una società di proprietà federale degli Stati Uniti, creata da un atto costitutivo del Congresso americano nel maggio del 1933 per garantire la navigazione, il controllo delle piene, la produzione di energia elettrica, la produzione di fertilizzanti e lo sviluppo economico nella Valle del Tennessee, una regione particolarmente colpita dalla Grande Depressione degli anni '30.Il Presidente americano Franklin Delano Roosevelt creò tale società nell'ambito del New Deal, il piano di investimenti pubblici che fece uscire dalla Depressione gli Stati Uniti.

I governatori - Vendola, Caldoro, Pittella, Crocetta e il futuro presidente della Calabria dovrebbero opporsi al taglio del cofinanziamento di 10 miliardi e pretendere con quei soldi un piano per il riassetto idrogeologico nelle loro Regioni. L'alluvione del Gargano, causata dal disboscamento, dalla scarsezza di risorse, dalla cementificazione, dall’assenza di manutenzione dei corsi d’acqua e di chiare competenze istituzionali, è l'occasione per pretenderlo. Serve un New Deal con i fondi europei, non il taglio del cofinanziamento nazionale. Ma per un New Deal è necessaria una strategia chiara: secondo la Commissione Europea essa manca nell'Accordo di Partenariato il documento che programma i fondi UE per il 2014-2020 e che Bruxelles deve approvare affinchè l'Italia possa spendere i 42 miliardi europei. Il 13 agosto mattina a Milano alla presentazione dell'Expo il giornalista Fernando Mancini (RadioCor il Sole 24 Ore) ha fatto tale rilievo al presidente Renzi. Ha ricevuto la seguente risposta «Bruxelles chi?... Non c'è nessuno in Commissione Europea che pensa che non vi sia una strategia dell'Italia sui fondi europei.... Separiamo i fatti dalle opinioni...» . Giusto: abbandoniamo le opinioni e analizziamo i fatti.

L’accordo - Nelle Osservazioni del 10 marzo (45 pagine) sull'Accordo di Partenariato inviato dal Governo Letta (dicembre 2013) alle pagine 1 e 2 si legge: «Risulta pertanto impossibile individuare nel documento una chiara strategia di sviluppo territoriale che colleghi tra di loro i tre livelli territoriali proposti (Agenda Urbana, Strategia per le Aree Interne e Cooperazione Territoriale) che vanno integrati in una strategia nazionale completa e coerente». Il 22 aprile il Governo Renzi ha inviato una nuova versione dell'Accordo di Partenariato. Il 9 luglio la Commissione Europea ha inviato 44 pagine di Osservazioni al Governo Renzi sulla nuova versione dell'Accordo. Le Osservazioni sono firmate da quattro Direttori Generali: Plewa (Agricoltura), Deffaa (Politiche Regionali), Evans (Pesca) e Servoz (Lavoro). In tema di capacità amministrativa i quattro direttori Generali ritengono la logica generale alquanto debole (pag. 40) e ci chiedono di non confondere l'Assistenza Tecnica per la gestione dei fondi UE con il rafforzamento della capacità istituzionale (pag. 24). Il nostro Accordo «parla di presidio centrale», ma non specifica «chi», «che cosa», «quando» e «come». «I rapporti tra i risultati attesi e gli indicatori sono troppo vaghi e non sono spiegati»; il potenziale impatto degli interventi, ossia la possibilità degli interventi di influenzare gli indicatori, è di natura molto incerta (pag. 25). Sull'Agenzia per la Coesione Territoriale Bruxelles ci chiede di chiarire: «chi decide il proprio piano operativo, come funziona il controllo del Primo Ministro» Renzi, «come interagisce con il consiglio di Amministrazione composto dai rappresentanti delle Regioni...» (pag. 41).Prima di tagliare 10 miliardi al Sud Renzi garantisca risorse e capacità istituzionale per un New Deal pagato con i fondi UE.

* esperto fondi strutturali europei

La Gazzetta del Mezzogiorno.it