venerdì 11 marzo 2011

Lettera di un emigrante scritta a Lerner conduttore dell'Infedele

Postiamo una missiva molto interessante, che gira su internet, scritta da un emigrante meridionale al giornalista Gad Lerner.

Caro signor Lerner, le scrivo in merito alla puntata dell’Infedele sull’Unità d”Italia. Ho letto alcuni dei commenti (centinaia) sulla puntata da parte di persone ferite per la “mancata partecipazione” del sig. Aprile alle discussioni ed ho anche letto la sua risposta risentita, giustamente, a pesanti accuse. Ho grande rispetto per lei e sono sicuro non fosse sua intenzione lasciare poco spazio a Pino Aprile, lei, d’altronde, è l’unico che ha avuto il coraggio di invitarlo e di questo La ringrazio.

Devo dire però che anche io non sono stato soddisfatto del come l’episodio sia andato e ne sono rimasto profondamente deluso. Le scrivo convinto che questa lettera, troppo lunga, Lei che ha tanti impegni non riuscirà probabilmente a leggere, ma la scrivo comunque perché sento il BISOGNO di raccontare la mia storia, storia di emigrante Napoletano, la mia storia come centinaia di migliaia di altre, la mia storia di uomo nel Sud.

Ho 38 anni, da 8 vivo negli USA. Io, persona legata profondamente alla mia famiglia, alla mia terra, ho sentito che l’unico modo per vivere una vita dignitosa fosse andar via, “alternativa” senza alternative. Facevo l’animatore di villaggio, mi arrangiavo. Ho sempre lavorato ma non uno di quei lavori che avrebbero potuto sostenere una famigla ma un lavoro che mi ha permesso di non dire mai le parole sono ”disoccupato” che mi ha insegnato, grazie ai miei numerosi viaggi all’estero, che ”normale” è un concetto relativo e conoscere “gli altri” è il più grande dono che puoi fare a te stesso.

Oggi dopo otto anni in USA, anni, mi creda, a volte difficilissimi, di solitudine, di sacrificio, di lavoro senza sosta (io MERIDIONALE), oggi sono piccolo imprenditore, sposato ad una donna Americana, padre di un bimbo di 11 mesi che si chama come mio Nonno ma non lo ha mai incontrato, che si addormenta ascoltando ninna nanna in Napoletano ma non ha mai visto Napoli. Oggi sono proprietario di casa, datore di lavoro.

Io che per vivere questa vita ho dovuto negare a mio figlio quello che ho considerato per me il bene più preziose, la mia famiglia, le mie radici, le commedie di Eduardo, una domenica trascorsa passeggiando al Borgo Marinaro guardando il Castel dell’Ovo, un caffé guardando Capri da Posillipo in una giornata piena di sole, una visita a Cappella San Severo.

Mio figlio cresce ad un oceano di distanza dai suoi nonni, da mia sorella, dalla mia Napoli, la Napoli di cui oramai in TV non si parla più, quella Napoli che mi ha dato la forza di sopravvivere quegli anni bui, la consapevolezza di far parte di un popolo che ha sempre saputo anche con pochissimo andare avanti senza abbassare la testa.

In me c'è anche la grande amarezza di una ”cultura” Italiana che diventa sempre più razzista, chiusa ed ignorante. Siamo ogni giorno più Bossi e meno Leonardo Da Vinci signor Lerner. Lo spazio dato alle televisione per massacrare l’immagine di Napoli senza MAI raccontarne le verità, perché è sempre più preponderante, quelle verità sostituite dalla demente convinzione che a Napoli, al Sud, siamo tutti dei poco di buono che suonano il mandolino e mangiano la pizza seduti su cumuli di munnezza o ladri, delinquenti… è veramente inaccettabile e non potrebbe essere più distante dalla realtà.

La disinformazione che la TV crea sembra mirata a fare imbestialire tutti, a renderci tutti nemici, a nascondere il VERO nemico, quella politica disonesta ed arruffona che porta l’Italia ad essere un po’ meno Europa ogni giorno che passa. Nord contro Sud, Sud contro Nord, Sud contro Sud tutti a cercare colpevoli ovunque meno che nell’unico posto dove bisognerebbe veramente guardare. Al Parlamento, al Governo e non solo in questa era “Berlusconi” in cui si sta toccando veramente il fondo ma oramai da 50-60 anni perché è negli anni della Democrazia Cristiana, di Andreotti e Craxi che si è seminato il qualunquismo, la sfiducia nella politica che oggi viviamo in maniuera così drammatica con questo governo disastroso.

Siamo ignoranti e ci vogliono così perché in un paese più colto lo vedi subito chi sono i ladri, chi sono i responsabili.

In questo paese in crisi che deve rinunciare a cose vitali come ricerca ed istruzione LORO non hanno MAI rinunciato a nessuno dei loro privilegi, i soldi per I loro esosi stipendi e “contributi spese” sono sempre disponiibili, intoccabili. La politica Italiana è un mostro con tante teste ed uno stomaco solo. C'è bisogno di far scoprire a TUTTI la vera storia d’Italia, c'è bisogno di far nascere VERAMENTE l’Unità.

Questa Unione oggi e proprio come un matrimonio basato su una menzogna… semplicemente non funziona. Le chiedo perdono per le parole dure a Lei rivolte, capisca, la prego, che scaturiscono da questo stesso sentimento d’impotenza,dalla rabbia delle falsità che come Meridionali siamo costretti ad accettare ogni giorno. Il Sud ha bisogno di verità, l’Italia ha bisogno di verità ed è per questo che per noi le parole di P. Aprile rivestono tanta importanza.

Grazie per la Sua professionalità. Capisco che anche essere giornalista in Italia in questo momento Storico non è per nulla facile.

Adriano Carelli

mercoledì 9 marzo 2011

Tessile, il Fortore perde 1100 posti di lavoro

Ha chiuso l’80% delle Aziende; hanno perso il lavoro 1.100 persone. Questa la fotografia della catastrofe del Distretto del tessile di San Marco dei Cavoti (e del Fortore) che ha costituito nei decenni dal 1970 al 2000 un “caso di studio” per economisti, studiosi e giornalisti di tutta Italia per la sua formidabile crescita esponenziale, partendo da zero, ed, infine, quasi scomparso del negli ultimi dieci anni, vittima della crisi congiunturale del comparto.

Tenendo conto che la popolazione residente nei 16 Comuni del comprensorio del Fortore, che ospitavano le 59 fabbriche del Distretto, non raggiunge le 50.000 unità, si comprende bene che la perdita di 1.100 posti di lavoro costituisca un dato assolutamente drammatico sotto ogni punto di vista.

Per richiamare la necessaria attenzione su questa situazione e per sconfiggere il silenzio, definito “clamoroso”, che circonda la vicenda, il presidente della Provincia di Benevento Aniello Cimitile ha convocato una Conferenza Stampa nella Sala Consiliare alla Rocca dei Rettori, avendo peraltro promesso, lo scorso 3 marzo 2011, al termine di una riunione “aperta” del Consiglio Comunale di San Marco dei Cavoti, di svolgere ogni consentita azione di natura istituzionale per evidenziare lo stato di crisi del Distretto.

Al suo fianco il sindaco della cittadina, Francesco Cocca, Cimitile ha dichiarato ai giornalisti: “Non sono qui per fare annunci; ma piuttosto per fare da cassa di risonanza dell’allarme e del disagio che si vive a San Marco dei Cavoti e nel Fortore per la cancellazione del Distretto industriale del tessile. Io non voglio accusare alcuno; non voglio fare discorsi di appartenenza politica; ma, nel rispetto delle mie responsabilità istituzionali, voglio con forza e determinazione chiedere solidarietà e rispetto da parte della Regione Campania. Se c’è una zona territoriale che può essere legittimamente candidata ad ottenere le risorse del Fondo Europeo di Sviluppo, questa è senz’altro il Fortore, area a grave ritardo di sviluppo e a rischio di desertificazione sociale. Propongo, pertanto, che si rompa la cappa di piombo di silenzio che grava su questa situazione, affinché tutte le forze politiche, i parlamentari nazionali ed europei, i consiglieri regionali si impegnino a riconoscere San Marco dei Cavoti come AREA di CRISI della Regione Campania e affinché il Distretto Industriale Manifatturiero di San Marco dei Cavoti sia oggetto di piani di sviluppo e rilancio, facendo tesoro degli errori commessi in passato”.

Per 30 anni le fabbriche di San Marco dei Cavoti (dove lavoravano 530 persone, oltre l’80% delle quali donne) e degli altri Comuni (a Pesco Sannita 143, a Pietrelcina 140, a San Bartolomeo in Galdo 100, etc.) sono andate avanti esclusivamente con commesse esterne, con l’autofinanziamento, con basso valore aggiunto di innovazione ed altri difetti strutturali.

"In queste condizioni, ha spiegato Cimitile, la globalizzazione dei mercati e l’ingresso del tessile cinese ha tagliato le gambe a quello del Fortore. Per evitare che sparisca del tutto questa esperienza si può avviare un monitoraggio delle Imprese tuttora esistenti per capire se ci può essere un futuro per il tessile nel Fortore o, in subordine, puntare alla Riconversione produttiva verso i settori della “Green Economy”: agricoltura, turismo ed agriturismo, energia, artigianato, ciclo dei Rifiuti".

(...) Sono intervenuti poi i Segretari generali provinciali della CISL, Attilio Petrillo, e della UIL, Fioravante Bosco, nonché Luciano Valle in rappresentanza di quello della CGIL: pur con accenti diversi, e rimarcando le altre numerose vertenze del lavoro sul tappeto, ultima in ordine di tempo quella della CABLELETTRA, i sindacalisti hanno accolto la richiesta di un fronte comune di lotta a tutela del lavoro e dei destini stessi del Sannio.

Il consigliere capogruppo dell’opposizione in Consiglio comunale di San Marco dei Cavoti, Domenico Costanzo, ha chiesto maggiore coinvolgimento e maggiore sinergia tra tutte le forze politiche di buona volontà.

(...) Ha chiuso i lavori il presidente Cimitile, il quale nel rinnovare l’appello alle forze politiche ed istituzionali di ogni parte politica a favore del Distretto del tessile fortorino, ha ricordato, rispondendo a Capocefalo, che "la Provincia ha rispettato gli impegni presi per la realizzazione di una 'tranche' delle infrastrutture viarie nell’area di San Marco dei Cavoti ed ha contestato la difficoltà di attuazione delle misure individuate per sostenere l’imprenditoria locale del Fortore, una delle più importanti concause della crisi del comparto".

www.ntr24.tv

martedì 8 marzo 2011

Materiale di risulta e rifiuti nei pressi di un parco eolico: sequestro e denuncia


I carabinieri della Stazione di Baselice, nel corso di un servizio di controllo del territorio, nell’ispezionare il parco eolico situato nel territorio di Foiano di Valfortore, in località Piano del Casino, hanno scoperto l’esistenza di una collinetta di materiale di risulta di scavi effettuati e di rifiuti vari.

L’ammasso, delle dimensione di circa quindici metri per quindici, con un’altezza che arrivava al punto massimo ad oltre tre metri e mezzo era composto da pietre, pietrisco, zolle di asfalto, tubi in plastica per cavi elettrici, pezzi di ferro di varia natura e forma, bobine in legno per cavi elettrici, residui di cavi ed anche alcuni pneumatici di grosse dimensioni, oltre ad altro materiale di vario genere, completamente abbandonato sul posto.

I militari operanti hanno dato inizio agli accertamenti del caso e anche in seguito ad alcune testimonianze raccolte, hanno appurato che tali materiali costituivano i resti degli scavi effettuati per il cavidotto di servizio per alcune delle nuove pale eoliche installate sul territorio.

E’ risultato, sostengono i militari, che la società proprietaria delle pale eoliche in questione aveva stipulato un contratto di subappalto con una ditta di costruzioni di Castellammare di Stabia, nel napoletano, proprio per i lavori di creazione del cavidotto, la quale aveva a sua volta subappaltato ad altra ditta, sempre di Castellammare di Stabia, i lavori per la materiale esecuzione dell’opera e che era stata proprio questa ditta a lasciare sul terreno i materiali di risulta degli scavi, senza smaltirli adeguatamente, nonostante la legge in materia.

In base alla stringente normativa sullo smaltimento dei rifiuti, con particolare riferimento alla Campania e ai rifiuti solidi speciali non pericolosi, come sono stati classificati quelli rinvenuti dai Carabinieri, il trattamento e lo smaltimento degli stessi doveva seguire un preciso iter che invece, aggiungono i carabinieri, è stato disatteso. Gli stessi militari dell’Arma hanno posto sotto sequestro il cumulo di rifiuti e hanno denunciato a piede libero il responsabile del cantiere, un 57enne residente a Benevento.

www.ilquaderno.it

lunedì 7 marzo 2011

PRIMA LE BAIONETTE: ADESSO IL FEDERALISMO

di Lino Patruno

Una mattina l’Italia si è svegliata e si è ritrovata federalista. E’ incredibile come si sia arrivati a stravolgere il Paese nel sonno generale. Come se la storia non avesse insegnato nulla, stiamo rivivendo ciò che avvenne 150 anni fa nello stesso modo casuale e rapinoso. Solo che allora, più male che bene, si fece l’Italia unita, ora si sta rifacendo l’Italia disunita, una svolta epocale nell’indifferenza pressoché generale. Soprattutto del Sud e di chi lo rappresenta, perché almeno allora si fecero sentire i briganti. I politici meridionali del Risorgimento, trattati più o meno da appestati nel Parlamento di Torino, si fecero complici delle leggi contro il Sud per difendere i loro privilegi semibaronali. Ora i politici meridionali, un po’ annoiati dai rarissimi grilli parlanti, rispondono rassicurando che il federalismo farà bene al Sud, anzi dividendo l’Italia la farà davvero unita.

Cosa li convinca, non si capisce. Come se risentissero ancora del complesso della vergogna, il Sud 150 anni fa sottomesso nel nuovo Stato fino al punto da sentirsi addirittura colpevole per il male che gli fecero.

Stupefacente è che si stia creando un’Italia in cui i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri perché così vuole un partito territoriale con l’8 per cento dei voti. E solo nordici. E con tutti gli altri che non reagiscono. O almeno ne discutano. E’ vero che l’Italia doveva nascere federale già nel 1861 e che allora si sbagliò col centralismo piemontese: lo ha detto anche il presidente Napolitano. Il centralismo che impose al Sud pure una tassa per pagare le spese della conquista militare subìta: vi abbiamo "liberato" e ci rimborsate. Il centralismo che mandò al Sud i dipendenti pubblici più inetti, patibolari e corrotti per spezzargli le gambe. Ma una cosa era nascere federale allora, un’altra diventarlo adesso.

In tutto questo tempo l’Italia unita è stata disunita da un divario economico e sociale senza pari in nessuna grande democrazia occidentale. Frutto perlomeno di politiche nazionali sbagliate o disattente, perché nemmeno il Sud più cialtrone sarebbe stato capace di farsi tanti danni da solo (visto anche che le Regioni sono nate solo nel 1970). E invece di rimediare a quel divario che non c’era al momento dell’Unità, e che se c’era è stato sempre più allargato, si dice: blocchiamo la situazione al momento, e ciascuno per conto suo. Anzi ciascuno si tiene il suo. Comodissimo.

Se proprio, come dicono, il federalismo fiscale farà bene a tutta l’Italia (anzi soprattutto al Sud), non avrebbe dovuto nascere in un clima tanto ostile verso il Sud. Un clima più da resa dei conti (quali, poi?) che da concordia nazionale. Un clima in cui i napoletani "puzzano" , gli insegnanti meridionali se ne tornino a casa loro e Radio Padania nel Salento vomita veleno anti-terroni. Un clima, purtroppo, non diverso da quello, ancòra, di 150 anni fa, quando l’Italia unita si fece con le baionette e le fucilazioni. Si può compromettere il futuro della gente perché lo vuole l’8 per cento? Si può cambiare la storia col 51 per cento di maggioranza?

Dicono ancòra: amministrarsi da sé con maggiore responsabilità farà bene al Sud. Ma si sta procedendo verso l’Ineluttabile senza che ci sia un solo dato che smentisca la più ovvia previsione: aumenteranno le spese e di conseguenza le tasse. Soprattutto ai danni del Sud che ancòra peggio non vorrebbe stare. Perché così è avvenuto a ogni riforma, per quanto opportuna. E col rischio che anche questa degeneri in una nuova gigantesca burocrazia che fra Stato ed enti locali raddoppi il suo mostruoso apparato: come avvenuto appunto con le Regioni. E mentre ci spazza la crisi economica.

E poi, questi amministratori meridionali presunti incapaci e spendaccioni. Ce ne sono. Ma c’è anche che sindaci e presidenti affrontano al Sud problemi di sopravvivenza non di abbondanza. In un Paese indebitatissimo che non può fare la lezione a nessun amministratore visto che aumenta costantemente la sua spesa annua invece di ridurla. E che non ha mai cacciato nessun responsabile di quel debito. Ma è il Sud l’unico sporco, brutto e cattivo.

Il Sud subisce ancora una volta il suo destino. Federalismo, federalismo. Può essere anche ciò che serve e serviva, si veda con calma e senza carte false. Ma per piacere non lo si lasci decidere a Bossi e compagni. I quali fanno fin troppo bene il loro mestiere di pensare a chi li vota e alla loro buona vita. Ma il Sud, il federalismo egoista del "ciascuno si tiene i suoi soldi" se lo è trovato addosso, i suoi politici hanno rispettato più la disciplina di partito che l’interesse della loro terra, i suoi elettori non sono stati ancòra una volta capaci di difendere se stessi. Anzi si sono visti quasi intimare: non fate vostre Leghe, quasi fosse solo un diritto altrui. Come a dire, purtroppo e sempre, che non si è Sud a caso.

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno